Confucio diceva “Studia il passato se desideri definire il futuro.”
Ma oggi siamo in grado di definire il futuro? La questione è sicuramente molto complessa ma la verità è che grazie alla tecnologia e alle nuove frontiere dell’Intelligenza Artificiale la risposta sembra essere sì.
Su queste tematiche, che da sempre mi affascinano molto, ho voluto intervistare uno tra i più profondi conoscitori ed esperti, Cosimo Accoto, Visiting scientist presso il Sociotechnical Systems Research Center del MIT di Boston.
In occasione dell’evento WIAD 2017 ho lanciato alla community degli architetti dell’informazione una provocazione, spero costruttiva. L’IA si sta muovendo dallo schermo al mondo e credo che questa indicazione sia corretta. Ma non possiamo limitarci a questo. Dobbiamo cominciare a ragionare anche sul tipo di mondo (e di informazione) che le nuove tecnologie algoritmiche e artificiali stanno costruendo. La mia ipotesi provocatoria è che le nuove tecnologie stiano costruendo un mondo in cui l’informazione comincia a fluire, sistematicamente, dal futuro al presente e non più dal passato al presente. Usando sensori, dati e algoritmi di intelligenza artificiale, siamo cioè in grado di intercettare l’informazione relativa a quello che sta per accadere e usare questa informazione per disegnare e progettare servizi in modalità anticipatoria (e non solo posticipata e responsiva).
Per fare un paragone in campo medico, il corpo femminile durante la gravidanza lavora in maniera anticipatoria. Cioè, si modifica costantemente in maniera automatica e inavvertita preparandosi a ospitare il futuro bambino che sta per nascere. I filosofi digitali più avanzati parlano, più specificamente, di struttura tecnologica che sta facendo emergere un__ mondo a “feed-forward”.__
Nel mio nuovo libro, “Il Mondo Dato” (Accoto, Egea 2017) racconto in dettaglio questa prospettiva. Siamo abituati al concetto di feed-back, meno al concetto di feed-forward, ma è un’idea che comincia a diventare centrale nelle infrastrutture mediali contemporanee. Per fare un esempio ho parlato, al convegno, dell’episodio di un vero incidente che ha rischiato di coinvolgere a dicembre 2016 un’auto Tesla. Cosa è accaduto? Un’auto intelligente Tesla in corsa ha cominciato a rallentare improvvisamente. Il passeggero si è stupito, tutto gli sembrava in realtà tranquillo. Dopo pochi secondi, le due auto che la precedevano si sono scontrate in un incidente grave. Cosa voglio dire con questo racconto?
L’auto Tesla ha “intuito” in anticipo - lo dico in maniera semplificata - quello che stava per succedere alle due auto che la precedevano e, sapendo questo, è riuscita ad allertare l’inconsapevole passeggero, rallentare automaticamente e salvarlo da un pericoloso coinvolgimento nell’incidente. È solo l’ultimo degli esempi reali di un mondo a feed-forward in cui cioè l’informazione comincia a fluire dal futuro al presente (uso il termine “oracolare” per questa prospettiva previsionale) e non più, come è stato finora, dal passato al presente (con la classica prospettiva “archivistica”). Sensori, reti, dati e intelligenza artificiale stanno costruendo, dunque, una nuova architettura dell’informazione anticipata (a feed-forward, appunto) che ho caratterizzato con 5 dimensioni chiave (le 5 A).
Esattamente. Se guardiano con una visione un po’ di medio e lungo periodo all’evoluzione della progettazione di servizi e piattaforme, con l’arrivo dell’internet delle cose, robot e assistenti artificiali, accessori smart indossabili e così via dovremo immaginarci un’architettura dell’informazione che, agendo in maniera anticipatoria sui comportamenti e sui bisogni dell’utente, ha caratteri peculiari. Pensa sempre al caso dell’architettura tecnologica dell’informazione della Tesla di cui dicevo prima. È anticipata (costantemente impegnata a simulare e predire contesti, comportamenti e obiettivi), è anonima (sottopercepita dal passeggero e non attenzionata dall’umano se non a posteriori), è automatizzata (abilitata da processi sofisticati e intelligenti a controllo macchinico), è alienata (in grado di agire con livelli di autonomia e di decision-making crescente), è atmosferica (capace di supportare gli utenti incrociando scale macro -le reti- e micro -i sensori- in maniera pervasiva). Vi sono anche altre dimensioni in questa nuova architettura dell’informazione anticipata, ma queste cinque mi sembra che descrivano i tratti chiave di questo emergente “design anticipatorio” (anticipatory design), come si comincia a definirlo. Per usare due slogan di questo nuovo movimento: a) è un design che lavora per sollevare l’utente non solo dall’overload informativo, ma anche dall’incertezza futura; b) è un design che lavora per stare sempre un passo prima della richiesta esplicita e del bisogno dell’utente.
Di fatto sta già avvenendo. È in atto un profondo (anche se non avvertito e consapevole) slittamento nella natura dei media e delle tecnologie. Finora, come dicevo, sostanzialmente sono stati strumenti per l’archiviazione statica di informazioni del passato che cercavamo di proiettare nel futuro. Ora diventa sempre più importante l’informazione in streaming in tempo anticipato e l’intelligenza di business e dei nuovi servizi che possiamo trarne. Sensori distribuiti che raccolgono informazione a livelli sottopercepiti (sensing technology), algoritmi in grado di attingere a questi dati e a modellare l’informazione in tempo reale (in-memory analytics), reti che lavorano non solo da remoto (in cloud), ma sempre più – come si dice – alla periferia e sempre più vicino all’utente (edge computing), un’infrastruttura diffusa di attuatori (actuators) che trasformano questa intelligenza in azione e decision-making (pensa alle ruote di un’auto autonoma che sterzano quando percepiscono un ostacolo o un pedone). Per questo ho detto, con una frase sintetica, che vivremo disegnati dal futuro e non più guidati dal passato.
Più che di industrie in specifico (i cui confini si stanno sgretolando inesorabilmente), parlerei di tutti i tipi di business che saranno in grado di re-immaginare le attività e i bisogni del consumatore come questioni di “gestione dell’incertezza futura” (e non più solo dell’overload informativo che è una delle preoccupazioni ad oggi più rilevanti dell’architettura dell’informazione). Un articolo di dicembre 2016 su Harvard Business Review ha colto il punto chiave di questa mia prospettiva filosofica dal lato del business. L’intelligenza artificiale, ha scritto HBR, è fondamentalmente “una tecnologia della predizione”. E, aggiunge, in futuro molte delle nostre attività saranno ridisegnate come “problemi di predizione”. Faccio un altro esempio concreto recente. La ricercatrice Marjorie Skubic ha inserito nella casa dei genitori anziani sensori che sono in grado di rilevare il movimento e la velocità con cui i due si muovono per casa. Perché? La risposta sta nel fatto che, in alcuni pilot precedenti, è stato verificato che un rallentamento nella velocità di deambulazione di 5 cm/al secondo implica una probabilità dell’86% di caduta in casa nelle 2/3 settimane successive. Con questa informazione che ci proviene dal futuro, possiamo costruire pratiche e servizi in grado di contrastare o ridurre rischi e spese mediche. Per dare una cifra: le cadute in casa costano circa 2.3 miliardi alla sanità inglese. In questo caso abbiamo trasformato un’attività (intervento di soccorso ospedaliero) in un problema di predizione (so che una caduta sta per accadere e intervengo anticipatamente). Quindi, non più solo sensori che rilevano in tempo reale che i pazienti sono caduti, ma che calcolano, anticipano e allertano della caduta che potrebbe avvenire.
Uno degli scopi della tecnologia dovrebbe essere quello di aiutare la specie umana a gestire l’incertezza del futuro. Da questo punto di vista, come umanità, stiamo progettando, ancora in maniera inconsapevole – ripeto- un’architettura tecnologica in grado di anticipare, in maniera sistematica la conoscenza del futuro consentendoci di agire nel presente per migliorarlo. Ovviamente, non nascondo le complessità tecnologiche, economiche e psicologiche di un passaggio di paradigma di questa portata. Per ricordare le principali: la tecnologia “oracolare” è ancora immatura e le nostre previsioni sono comunque probabilistiche e non facili. Il sistema economico è ancora orientato nei suoi meccanismi al feed-back e non al “feed-forward” e, da ultimo, noi stessi come persone avremo bisogno di familiarizzare con nuove dinamiche sociali, politiche e culturali (fiducia, privacy, trasparenza, identità digitale e così via). Ma credo che la strada sia tracciata:__ saremo istanziati dal futuro e non più residuati dal passato__, per chiudere in maniera più filosofica.
Cosimo Accoto è visiting scientist presso il Sociotechnical Systems Research Center del MIT di Boston, affiliato al MIT IDSS Institute for Data, Systems and Society. Il suo ultimo saggio si intitola: “Il mondo dato. Cinque brevi lezioni di filosofia digitale” (Egea, 2017). Filosofo di formazione, è lecturer in digital analytics e big data alla IE University di Madrid e ha collaborato al progetto di ricerca Digital Markets dell'Università della Svizzera Italiana di Lugano, coordinato da Andreina Mandelli. Il suo percorso professionale è maturato nella consulenza strategica di management come partner e responsabile per le strategie d'innovazione; nell’industria della misurazione di internet come direttore commerciale; e in imprese internazionali leader nello sviluppo software e di piattaforme per la data intelligence. È autore e coautore di diversi saggi, tra cui “Social Mobile Marketing” (con A. Mandelli, Egea 2014) e articoli apparsi, tra l'altro, su Economia & Management e Harvard Business Review
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