Ogni progetto, dal più piccolo al più ambizioso, ha bisogno di un filo conduttore. Se parliamo di brand, questo fil rouge non solo deve essere evidente, ma deve costituire l’anima del brand stesso. Per questo parliamo di leitmotiv, un termine preso in prestito dal contesto musicale di epoca wagneriana, che indicava la riproposizione di un tema, a cui venivano associate emozioni e contesti presenti in tutta l’opera.
Possiamo quindi fare nostra la definizione di leitmotiv inteso come “tema fondamentale” (Grundthe-ma), e le idee tematiche, che ricorrevano intrecciandosi l’una con l’altra nelle singole opere, oggi sono il motivo stilistico, l’aspetto costante che si ripete nelle diverse parti della nostra identità grafica.
In un’ottica di design, questo motivo stilisticamente determinato diventa il minimo comun denominatore per gli elementi che hanno una stessa paternità (il brand) e a cui rimandano continuamente confermandone l'appartenenza.
In questo contesto, nel leitmotiv vengono rappresentati tutti quegli elementi (atomi, nella concezione dell’Atomic design), che rappresentano l’identità di un brand:
È importante non confondere il leitmotiv con l’immagine coordinata di un brand: la brand image, infatti, spesso vede la declinazione degli stessi elementi caratterizzanti (colore, illustrazione, type, ecc.) che, come matrici, sono applicati in ogni contesto e su ogni supporto. Questo tipo di approccio è legato a una visione “oldstyle” della brand awareness, quando non c’erano tanti supporti e canali digitali come adesso. Una concezione che risulta quindi slegata dal contesto attuale.
Anche nella necessità di seguire un processo di digitalizzazione, ci sono quindi due tipi di aziende: quelle che puntano sulla vecchia visione della riconoscibilità del marchio, riproponendo gli stessi elementi senza variazioni, e quelle che cercano di valorizzare i propri contenuti in funzione del canale, per colpire il proprio target. Gli algoritmi delle piattaforme spesso penalizzano i brand della prima categoria perché non sfruttano le caratteristiche specifiche di canale. In questo caso l'identità del brand è strettamente legata al leitmotiv, la forza di una è proporzionale a quella dell’altro. Di conseguenza aumenta anche la probabilità di parlare linguaggi differenti e quindi su piattaforme differenti con la stessa efficacia. Vale la regola che meno asset hai, più sei in difficoltà.
Tutto dev’essere pensato e realizzato in funzione dell'obiettivo. Lo spirito conservativo che si concentra su un’immagine ritenuta perfetta senza ragionare sulla sua funzionalità, rischia di fossilizzare l’azienda e non renderla attuale. I grandi marchi con una brand reputation alta non hanno paura di cambiare, nonostante abbiano tutto da perdere.
Una volta compresa la necessità del leitmotiv per rendere indelebile l’identità della nostra azienda, è tempo di crearne uno in base alle nostre esigenze.
Non esiste la formula magica per creare il leitmotiv perfetto, le identità delle aziende e dei brand sono in continua evoluzione.
Ci sono realtà che nascono già con una base avanzata, in cui troviamo un pacchetto completo o quasi di elementi da cui partire (uno studio del logo con le varie declinazioni, monogrammi, pattern allineati, immagini chiave, ecc.), altre aziende ci arrivano gradualmente nel corso degli anni, magari tramite un rebranding.
Per quanto riguarda il processo creativo in generale, invece, si intende una metodologia che, attraverso la definizione di parametri precisi, ci permette di creare una sintesi visiva per un determinato brand. Le fasi principali del processo sono:
osservazione e ricerca: del target, dei competitor, dei trend del momento, dei player di riferimento;
analisi quantitativa e qualitativa: i numeri e le statistiche derivate dall’osservazione ma anche l’efficacia del brand rispetto all'awareness;
fase di incubazione: un mix delle prime due fasi e la conseguente creazione del primo contenuto;
fase di verifica: test per capire se il contenuto è in linea con l’oggetto della nostra osservazione (di nuovo, target, competitor, ecc.);
pubblicazione o messa in visione: la condivisione del contenuto.
Alla fine del processo creativo finalizzato a realizzare il leitmotiv del brand, bisogna passare alla sua applicazione sulla nostra piattaforma digitale. E qui entra in gioco anche la UI, il design d’interfaccia utente.
Spesso ci si dimentica della componente digitale del leitmotiv, in particolare quando si realizza una User Interface. Data la natura molto razionale dello UI design, il filo conduttore viene scomposto in tutti i suoi elementi: prima vengono disegnati i vari atomi e poi il processo li ricompone. Questo approccio, però, rischia di lasciare indietro una componente importante: la visione d’insieme, che caratterizza, invece, la metodologia di un Creative designer.
Facciamo un passo indietro: da quando si fa progettazione digitale, in termini di prototipazione, esistono strumenti che permettono di prototipare un sito ad altissima fedeltà, anche simulandone la navigazione. Fino a pochi anni fa, ogni volta che si progettava una pagina bisognava predisporre da zero ogni elemento; oggi, invece, si può creare una componente e richiamarla in tutte le pagine in cui ci serve. Questo è l’Atomic design.
Questo tipo di progettazione permette di creare gli atomi – intesi come gli elementi più piccoli di ogni creazione – una volta sola. Per esempio, il logotype e la composizione tipografica del claim sono due atomi che insieme creano una combo, chiamata particella. Le particelle in un leitmotiv devono essere coordinate tra di loro ma non devono essere clonate, ognuna deve avere le sue caratteristiche. In questo modo ogni elemento ha la sua definizione e il suo output e viene disegnato a mano.
L’approccio dello UI designer prevede, quindi, la progettazione degli elementi in modo scorporato dal resto del contesto, e poi da questi vengono confezionate le pagine.
Una modalità diametralmente opposta a quella deI Creative designer, che prima disegna tutta la pagina e poi scorpora gli elementi, mantenendo dall’inizio una visione d'insieme.
Se si basa la costruzione di una piattaforma digitale solo sullo UI design, e sulla sua razionalità, il risultato rischia di essere un supporto freddo, in quanto ogni elemento, anche se coordinato perfettamente tra le parti, è poco emozionale e privo di una vera anima.
Si può prendere spunto anche dalle parole di Alexis Carrel, premio Nobel per la Medicina: "Poca osservazione e molto ragionamento conducono all'errore; molta osservazione e poco ragionamento conducono alla verità".
Quando si ragiona troppo ci si perde la componente umana e la UI da sola diventa un mezzo completamente artificiale.
Esiste quindi una soluzione che consenta una convivenza pacifica e produttiva tra UI e Creative design, o si può solo vederli contrapposti ed essere costretti a una scelta per la nostra progettazione?
In tutto ciò non dobbiamo dimenticare che il leitmotiv va inserito all’interno della nostra piattaforma digitale in quanto conduttore dell’identità di un prodotto, di un servizio, di un'azienda. Per fare in modo che questa identità venga percepita, il leitmotiv è necessario e imprescindibile ma spesso con le nuove tecniche di prototipazione – vedi atomic design – questo elemento può venire meno perché incasellato in elementi tecnici.
Abbiamo visto come, ad oggi, si è puntato molto sulla UI, un metodo vincente e semplice per velocizzare i processi; una volta che vengono stabilite delle regole è facile seguirle e replicare tutti gli elementi nello stesso modo. Il concept del design creativo è invece un rimando al periodo in cui i siti dovevano attirare l’utente tramite animazioni emozionali.
La buona notizia è che il leitmotiv può coesistere con la UI, senza essere snaturato. In questo periodo storico, con l’evoluzione delle tecnologie, si sta cercando, infatti, di implementare questi due mondi che apparentemente non potevano dialogare. L’obiettivo è mutare la prospettiva del mercato che li vede come un'alternativa: il binomio perfetto è formato da Creative designer e UI designer, un progetto di alto livello presenta tutte e due le componenti.
Da dove si comincia? La componente creativa deve sempre partecipare a un tavolo tecnico anche legato all’UI design in modo da non mettere da parte l’aspetto empatico, emozionale e iconico del brand. Creando una sinergia tra i due approcci potremo sfruttare i vantaggi di entrambi:
Possiamo concludere dicendo che là dove un UI designer realizza un'immagine, il creative designer la fa parlare. Il racconto dell’immagine è importante quanto la sua impaginazione.
Creative design e UI design si possono fondere in un ecosistema parlante dove non ci sono solo atomi ma anche una componente di leitmotiv che guida tutto il processo.
Come si crea un design d'interfaccia efficace ma emozionale ed empatico? Unendo l'atomic design allo sforzo creativo con un leitmotiv comune.